Che ne sai della tua futura pensione?

La pensione pubblica, il primo pilastro della previdenza, sarà la tua risorsa principale al termine dell’attività lavorativa. Questa affermazione è vera per la stragrande maggioranza di chi lavora perché:

1. I contributi obbligatori che versi tu ed il tuo datore di lavoro sono la forma più consistente e regolare di risparmio. Al termine dell’attività lavorativa avrai accantonato con i contributi all’ente di previdenza circa un quarto dei tuoi compensi (intendendo la somma di retribuzioni lorde, oneri sociali del datore di lavoro, liquidazioni, tasse, benefit, ecc.). È praticamente impossibile risparmiare in misura analoga dai propri redditi netti!

2. La pensione che ti verrà concessa è una rendita vitalizia che non verrà mai meno, anzi è reversibile a favore del coniuge. Le pensioni sono garantite dallo Stato.

3. La pensione pubblica è protetta dalla perdita del potere d’acquisto perché ogni pensione viene annualmente rivalutata sulla base dell’inflazione accertata a livello nazionale.

Potrai allora dormire sonni tranquilli per gli anni della vecchiaia? Purtroppo no!


Cosa sta avvenendo?

Se fino ad oggi il numero di contribuenti nel sistema previdenziale ha garantito ai pensionati rendite nette molto prossime alle entrate nette da lavoro, la situazione nel futuro tende a cambiare in misura notevole e purtroppo in senso peggiorativo. Il crollo della natalità (meno futuri lavoratori = meno contribuenti), l’allungamento della speranza di vita (più pensionati = più spesa pensionistica), il rallentamento della crescita economica (retribuzioni costanti = meno contributi) concorrono a minare gli equilibri del passato e del presente.

In questo contesto la riforma delle pensioni è nata e si evolve per garantire le condizioni di equilibrio e di sostenibilità degli enti previdenziali nel difficile quadro demografico ed economico degli anni a venire. In estrema sintesi l’obiettivo è una contrazione della pensione pubblica per i futuri pensionati ed un’agevolazione a favore della previdenza complementare che si rende necessaria per compensare la riduzione attesa del primo pilastro della previdenza.

L’incentivo all’alternativa della pensione complementare si realizza con il meccanismo della tassazione differita, cioè la deducibilità IRPEF in fase di accumulo dei risparmi ai fondi pensione o similari. Il secondo pilastro di previdenza si finanzia con la capitalizzazione, ovvero con l’investimento concreto dei risparmi nei mercati finanziari. Qui risiede la differenza fondamentale rispetto al primo pilastro che rimane un sistema a ripartizione, che usa i contributi per pagare immediatamente le pensioni degli aventi diritto. L’obiettivo della riforma consiste nel bilanciare i due pilastri, ancorché accettando il ruolo privilegiato del primo rispetto al secondo, per consolidare, in un’ottica di diversificazione, la stabilità del sistema nel medio e lungo termine.


A cosa servono gli strumenti di stima della pensione futura?

È facile constatare che quasi tutte le reti di distribuzione di prodotti previdenziali, i canali specializzati di informazione del settore, gli enti previdenziali, ecc. propongono strumenti e modelli di calcolo per la stima delle prestazioni pensionistiche, che consentono un livello di specificazione più o meno dettagliato dei dati contributivi del lavoratore contribuente. È legittimo domandarsi il perché di questo rinnovato interesse in materia previdenziale.
Le motivazioni sono molteplici, ma in un’ottica incentrata sui reali bisogni del lavoratore, le caratteristiche principali si possono riassumere come segue.
Le riforme del sistema pensionistico hanno introdotto dal 1996 il nuovo sistema di calcolo contributivo (meno remunerativo) della pensione, che si applica a tutti i soggetti con meno di 18 anni di anzianità accreditata al 31/12/95.
Con questo doppio modello di calcolo le garanzie pensionistiche risultano in costante variazione da generazione a generazione in funzione dell’anzianità maturata nei diversi sistemi.
Un’ulteriore novità del sistema contributivo è che nel calcolo concorrono tutti i contributi effettivamente versati, aumentando cosi la variabilità delle prestazioni in funzione dell’effettiva carriera retributiva, diversa da lavoratore a lavoratore.
In un quadro di costante cambiamento delle regole di calcolo delle pensioni ogni contribuente si trova di fronte diverse aspettative sui livelli di garanzia offerti dal sistema pubblico.
I pensionati del sistema di calcolo misto o puramente contributivo si troveranno con una variabilità di copertura pensionistica totalmente sconosciuta agli attuali pensionati del sistema retributivo e spesso i livelli di copertura potranno risultare insufficienti per garantire il tenore di vita, rendendo necessaria una “pensione di scorta”, complementare.
Per avere il tempo necessario ad intraprendere le adeguate misure di risparmio è fondamentale farsi un’idea, la più precisa, delle risorse che saranno garantite dalla pensione pubblica (il quando e il quanto). Gli strumenti di stima della pensione futura (spesso nella veste di prodotti informatici on-line), danno l’opportunità di elaborare i calcoli necessari applicando il combinato disposto degli articolati regolamenti, leggi e provvedimenti e della contribuzione accreditata, al tuo caso concreto, fornendo una consulenza accuratamente quantificata e personalizzata.


Come si misura la pensione futura?

Il primo risultato importante del calcolo è la decorrenza, vale a dire, quando potrai andare in pensione. I requisiti di legge esigono limiti minimi di età e di contribuzione in funzione della categoria previdenziale, del sesso, ecc.
Applicando queste regole nel caso generico si ha una decorrenza anticipata per le cosiddette pensioni di anzianità ed una decorrenza massima per la pensione di vecchiaia. Nell’arco tra la decorrenza minima e massima, potrai scegliere liberamente il momento più opportuno di pensionamento: valutando la convenienza economica (posticipando la data l’importo della pensione cresce), le condizioni della posizione lavorativa (vuoi proprio ritirarti dal lavoro e metterti le pantofole), la tua condizione familiare, ecc.

L’altro elemento è ovviamente la misura della pensione, ovvero l’importo annuo che verrà messo in pagamento in tredici mensilità. Questo numero è calcolato sulla base dei redditi – contributi accreditati negli anni passati e quelli a venire, fino alla data scelta di pensionamento nel primo passo. Solitamente i modelli di calcolo provvedono a ricostruire (e nel caso di precisare) tutta la tua storia retributiva e contributiva, in seguito calcolano l’importo dovuto applicando a questi dati le regole di calcolo previste dalla legge. Pertanto l’importo effettivo stimato di pensione è strettamente correlato a questa ricostruzione della carriera contributiva fino alla data presunta di pensione.

Alla presenza di questa interdipendenza tra valore del reddito e pensione, per esprimere in un modo più efficace ed immediato la stima della pensione attesa, si usa solitamente il concetto di Tasso di Sostituzione che è il rapporto in percentuale tra la pensione e la retribuzione dell’anno antecedente al pensionamento. Pensando al reddito da lavoro come alla fonte principale di risorse del tenore di vita, con il tasso di sostituzione si ha l’opportunità di capire in modo diretto cosa comporta il passaggio in pensione in termini percentuali (adimensionali).
Se invece nel tuo caso concreto, il reddito da lavoro non fosse l’unica risorsa di reddito, il tasso di sostituzione risulta essere meno significativo e diventa più importante comprendere adeguatamente cosa rappresenta per il tenore di vita l’effettivo importo di pensione.


Due insidie nella lettura della stima della pensione.

Numero uno, le tasse.
Quando si parla di calcolo della pensione le norme fanno riferimento al reddito lordo imponibile che compare in busta paga o nella dichiarazione dei redditi. Anche la pensione calcolata dalle norme di legge è l’importo ante imposte. Purtroppo tutti noi sappiamo bene che c’è una netta differenza tra questi importi e le effettive somme disponibili. Pertanto il primo punto da chiarire è se gli importi di reddito e di pensione stimati dagli strumenti di calcolo della pensione futura considerano o no le imposte IRPEF. Se le tasse non sono considerate si parla di importo lordo (reddito o pensione che sia), altrimenti si parla di importo netto.
Ora sui redditi da lavoro sono dovuti sia i contributi sociali, sia le tasse (che si calcolano sull’imponibile rimanente dopo il versamento dei contributi). Sulla pensione invece sono dovute solo le tasse. Un’altra caratteristica dell’IRPEF è la sua progressività, in pratica l’aliquota effettiva cresce al crescere della base imponibile. Tenendo conto di entrambi i fattori, risulta chiaro che il reddito da lavoro ha sempre una pressione fiscale complessiva maggiore di quanto ne ha la pensione. Questo comporta che il tasso di sostituzione calcolato al lordo dell'imposizione fiscale è sempre più basso del tasso di sostituzione in termini di pensione netta e reddito netto (nella frazione si riduce di più il denominatore di quanto non si riduca il numeratore). Anche in questo caso la misura dello scostamento dipende dalla tua concreta situazione di pensione e reddito, in pratica il tasso di sostituzione netto può risultare da 5 fino a 20 punti percentuali in più rispetto a quello lordo (ulteriore motivo per un’analisi personalizzata).
Numero due, l’inflazione.
Per rappresentare correttamente la realtà negli anni a venire i modelli di calcolo adottano un valore atteso di perdita del potere d’acquisto del denaro e sovente questi modelli si usano quando mancano ancora parecchi anni al pensionamento (quando in pratica si ha ancora tempo per fare qualcosa di alternativo). Di conseguenza i valori dei redditi da lavoro e della pensione calcolati all’anno di pensionamento risultano di importo nominale notevolmente più alto del reddito attuale.
Per dare un ordine di grandezza, con un’inflazione del 2% all’anno, per conservare il potere d’acquisto di 100 euro attuali, tra 20 anni saranno necessari 150 euro.
La presenza dell’inflazione complica non di poco la lettura delle stime visto che tutti noi siamo abituati a percepire intuitivamente solo il valore del denaro corrente. Per ovviare all’aberrazione dell’inflazione gli strumenti di calcolo possono optare per la visualizzazione dei risultati riportandoli al potere d’acquisto attuale (depurandoli dall’inflazione attesa). I risultati numerici sono molto differenti se si parla di stima a parità di potere d’acquisto o meno, pertanto conviene controllare attentamente questa opzione nelle premesse di calcolo.


Due ultimi parametri molto importanti.

L’aspettativa di evoluzione del tuo reddito da lavoro (la crescita annua in termini reali oltre l’inflazione) incide in modo notevole sul calcolo della pensione. In particolare il sistema di calcolo contributivo, come è facile attendersi visto che conteggia tutti i contributi versati, risulta particolarmente sensibile a questo parametro.
Un tasso elevato di crescita del reddito comporta una retribuzione futura elevata e implica sempre anche un incremento della pensione in termini di importo atteso, questo è facile da prevedere. Quello che è meno intuitivo è l’impatto sul tasso di sostituzione. A parità di condizioni finali, una carriera a forte crescita equivale a meno contributi versati nei primi anni di lavoro. Pertanto il calcolo della pensione, che tiene traccia di questo minore apporto, restituisce un tasso di sostituzione più basso per questi casi. Come dire: i più fortunati avranno una copertura pensionistica inferiore. Ovviamente un’aspettativa pessimistica di carriera produce un effetto inverso.
La maggiore difficoltà nella scelta di questo parametro si manifesta nella scarsa consapevolezza che ognuno ha della propria dinamica retributiva. Normalmente si tende a sottostimare la crescita, perché è difficile ricordarsi delle retribuzioni lontane nel tempo.
Se chiaramente per il lavoro autonomo è molto complicato generalizzare, nel caso del lavoro dipendente va sottolineato che il rinnovo dei contratti di lavoro (ancorché irregolare per scadenza e settore) ha portato, anche nella storia recente, ad un costante incremento della retribuzione media nell’ordine 1,1 – 1,5% oltre l’inflazione. Questo beneficio è ovviamente generalizzato a tutti i lavoratori. C’è da aggiungere a questa tendenza di base l’incremento dovuto alla propria anzianità nella professione e competenza / qualifica. Mediamente ci si può attendere un incremento reale della retribuzione di un 33% su 40 anni, che si traduce in un tasso annuo medio del 0,7%. Sommando le due componenti si comprende bene perché la carriera media proposta è solitamente = 2% e la gamma delle proposte varia tra 1% a 3% (con i valori più bassi solitamente a favore dei più anziani).
Considerando che il sistema di calcolo delle pensioni è tarato sugli andamenti retributivi reali verificatisi nel passato, conviene evitare aspettative troppo pessimistiche sulla crescita del proprio reddito, per non ottenere tassi di sostituzione eccessivamente elevati. Paradossalmente il problema previdenziale è più acuto per le carriere brillanti ed è preferibile assicurarsi nella “peggiore” delle eventualità.

La demografia che cambia. La riforma del 1995, per la prima volta in Italia ed in Europa (la simile riforma Svedese è successiva), ha introdotto il calcolo contributivo che commisura le pensioni sulla base della speranza di vita del pensionato. Con il passare degli anni, per nostra fortuna, la speranza di vita dei neo pensionati continua ad incrementare senza segni di rallentamento. La legge saggiamente prevede che il sistema provveda ad adeguarsi alla nuova situazione demografica, in pratica tenendo conto che mediamente il montante maturato dovrà risultare sufficiente per un numero maggiore di anni di pensione. La prima revisione in tale senso dei coefficienti di conversione è avvenuta nel 2010 e le successive dovranno avere una successione più frequente, ogni 3 anni. Inoltre l’ultima manovra economica ha introdotto il concetto di adeguamento anche dei requisiti minimi di concessione del diritto a pensione, con l’elevazione della speranza di vita. Alle scadenze triennali verrano pertanto modificati sia i coefficienti di calcolo si le regole di pensionamento. Il valore di incremento della speranza di vita verrà calcolato da ISTAT di volta in volta, ma già da ora si ha una ipotesi attesa degli andamenti a venire.
È importante pertanto controllare nelle premesse di calcolo del modello se si considerano o no gli incrementi dei requisiti e le riduzioni attese dei coefficienti di conversione negli anni a venire per via dell'allungamento della speranza di vita.


Conclusione

Usare uno strumento che accuratamente calcoli la misura della pensione attesa nel tuo caso specifico è di particolare importanza, perché le norme hanno un livello di complessità tale che le stime generiche risultano di scarsa affidabilità. Conoscere la pensione pubblica serve per determinare quali saranno le risorse al termine dell’attività di lavoro e quale è la differenza (il gap) rispetto al tenore di vita che avrai acquisito nel frattempo.
La stima della pensione e del tasso di sostituzione va accuratamente compresa e controllata per capire se sta evidenziando il tuo effettivo bisogno (gap) al netto delle tasse, e se gli importi sono a parità di potere d’acquisto oppure tengono conto dell’inflazione. Inoltre conviene controllare se i parametri di impostazione del calcolo (carriera e correzione demografica) sono impostati in modo tale da farti valutare la scopertura in un quadro più o meno ottimistico.
Tutto ciò ha un unico fine, prendere coscienza delle risorse disponibili in pensione per agire con una forma complementare di risparmio nel caso in cui tali risorse siano insufficienti. Questa decisione riguarda solo te e nessun altro può agire in tua vece, dato che sei l’unico responsabile ed hai l’obbligo ed il dovere di essere consapevole di un elemento così importante per il tuo futuro.